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Studi di ammassi aperti e di regioni di formazione stellare

Lo studio degli ammassi aperti gioca un ruolo fondamentale nella comprensione dell'evoluzione delle stelle e delle loro atmosfere durante la vita delle stelle, poichè permette di fissare alcune quantità, in generale note con grande incertezza, quali la distanza, la composizione chimica e l'età. Le osservazioni di un ammasso consentono di studiare un campione stellare in un grande intervallo di masse, ma con altri parametri cruciali fissati, mentre il confronto fra ammassi diversi permette di determinare gli effetti dell'età e della metallicità.

Nel corso del 2005 sono stati condotti una serie di studi delle emissione coronale in vari gruppi stellari coevi. Questi studi si basano sulle nuove osservazioni degli osservatori spaziali Chandra ed XMM-Newton. Segue una breve descrizione di ciascuno studio e dei risultati principali. I `large projects' su Orione (COUP), Toro (XEST), e $\rho Oph$ (DROXO) sono discusso in dettaglio nei paragrafi relativi.

È stata studiato in dettaglio un'osservazione profonda dell'ammasso aperto Blanco 1 ottenuta con XMM/Newton. I primi risultati erano già stati pubblicati (Pillitteri et al. 2004). I nuovi studi si sono concentrati sullo studio della variabilità.

In particolare lo studio della variabilità su scale temporali brevi (Pillitteri et al. 2005) ha mostrato che le stelle dM sono più variabili delle stelle di tipo solare, con molti brillamenti. Le stelle di tipo solare presentano invece variabilità più graduale. E' stato possibile inoltre analizzare in dettaglio due brillamenti osservati in una stella dG9 dell'ammasso (ZS76), la cui curva di luce è riportata in fig. 8. Dall'analisi della curva di luce e degli spettri risolti nel tempo si deduce che i brillamenti sono avvenuti in arcate estese, costituite da centinaia di archi coronali simili fra di loro di lunghezza di circa $ 5\cdot 10^9$ cm. La somiglianza dei due brillamenti e delle strutture alla loro origine suggerisce che i due eventi possano essere connessi fra di loro. Al contrario il confronto con i dati ottenuti sei anni prima da ROSAT, indica che cicli simili al ciclo solare, se presenti, sono in queste stelle di piccola entità.

Figura 8: Curva di luce della stella dG9 ZS76 dell'ammasso Blanco 1 osservata con EPIC XMM/Newton (tratta da Pillitteri et al. 2004b)
\includegraphics[width=0.5\textwidth]{giusi/zs76.ps}

I dati ottenuti con Chandra ed XMM-Newton su NGC 2516 hanno permesso di determinare il livello di emissione coronale per i membri dell'ammasso di tipo dK e dM, selezionati fotometricamente (Harnden et al. 2001, Sciortino et al. 2001, Damiani et al. 2003, Pillitteri et al. 2006). I risultati ottenuti per i membri dell'ammasso cosí selezionati, e corretti statisticamente per la contaminazione da stelle di campo, indicano che il livello di emissione delle stelle dM, dK e dG di NGC 2516 è certamente minore di quello delle Pleiadi, La differenza nel livello medio di emissione X tra NGC 2516 e le Pleiadi risulta ben spiegabile considerando la leggera differenza nell'età di questi due ammassi, in accordo con l'andamento già noto dell'emissione X al crescere dell'età stellare. Studi ottici recenti sembrano invece escludere una differente metallicità tra i due ammassi come possibile causa della loro diversa emissione X. Per una più definitiva conclusione sarà necessario attendere una lista di membri più affidabile, ottenuta da una campagna di velocità radiali le cui osservazioni sono state già condotte. Inoltre, lo studio della limitata informazione spettrale in raggi X disponibile indica che le stelle dF di NGC 2516 hanno uno spettro di emissione coronale più soffice delle stelle dG e dK, quest'ultime mostrano temperature molto simile a quelle delle dG e dK delle Pleiadi. Poichè NGC 2516 è stato scelto come target di calibrazione sia da Chandra che da XMM, e quindi è stato osservato periodicamente da questi strumenti, l'elevato numero di osservazioni consentono un'analisi dettagliata delle proprietà della variabilità coronale di queste stelle (Wolk et al., 2004; Marino et al. 2006). Le variazioni su tempi scala di mesi hanno ampiezze minori che su tempi scala di ore per stelle di tipo solare. Su tempi scala confrontabili al ciclo solare (11 anni) non si osservano le stesse ampiezze di variabilita`, suggerendo quindi la mancanza o la minore entità di cicli di attività in stelle di 100 Myr.

E' stato anche studiato l'ammasso giovane NGC 2362, che per la sua età di 5 milioni di anni è eccezionalmente povero di polvere interstellare/circumstellare, ed offre una opportunità unica di studiare l'attività puramente stellare in questa fase evolutiva, senza le incertezze tipicamente introdotte dal mezzo interstellare, denso ed irregolare, in altri ammassi della stessa età. Un'osservazione profonda con Chandra ACIS-I (Damiani et al. 2006) ci ha permesso di rivelare circa 400 sorgenti puntiformi di raggi X in NGC 2362, la maggior parte delle quali sono identificate otticamente con membri dell'ammasso (di pre-sequenza). Lo studio dei ``colori'' del'emissione X conferma ulteriormente l'appartenenza di queste sorgenti X all'ammasso. La luminosità X quiescente di queste stelle risulta strettamente correlata con la luminosità bolometrica stellare, con una dispersione minore che in altri ammassi, ma simile a quella di stelle di pre-sequenza senza accrescimento. Questa stretta correlazione pone un limite stringente sulla massima ampiezza di variabilità dovuta a cicli di attività di tipo solare in sorgenti coronali molto giovani. Grazie all'efficace selezione tramite le osservazioni in raggi X, dei membri dell'ammasso fino a 0.4 masse solari, è stato possibile calcolare la IMF dell'ammasso, che risulta significativamente sovrabbondante in stelle massicce rispetto p.es. alla regione di Orione, o alle stelle di campo. Si è trovato inoltre che NGC 2362 presenta una segregazione in massa, probabilmente primordiale, ed una dispersione delle età delle stelle molto bassa ($<$1-1.5 milioni di anni). La segregazione in massa fa si' che la IMF nella regione centrale dell'ammasso sia ancora più sbilanciata a favore delle stelle massicce che la IMF globale dell'ammasso.

Figura 9: Funzione iniziale di massa di NGC 2362, nell'intero campo di vista di Chandra/ACIS (linea continua spessa), e nella regione centrale di raggio $3^{\prime }$ (linea continua sottile). La linea tratteggiata sottile indica un fit a legge di potenza, mentre la linea a tratto lungo è il modello di Chabrier (2003).
\includegraphics[width=0.5\textwidth]{giusi/ngc2362_imf.ps}

È stata portata a termine l'analisi di un'osservazione di 100 ksec di Chandra della regione di formazione stellare NGC 2264 (Flaccomio et al. 2006, Flaccomio et al 2005) . Lo scopo dell'osservazione era duplice: selezionare i membri della regione e studiare l'origine dell'attivitá X in stelle giovani di pre-sequenza principale. Abbiamo rivelato 420 sorgenti X, l'85% delle quali è stato identificato con controparti ottiche o infrarosse. Poiché le stelle di PMS sono molto piú brillanti nei raggi X delle stelle di campo, stimiamo che il 90% di queste controparti sia un membro di NGC 2264, incrementando quindi notevolmente la popolazione nota della regione, di circa 100 stelle. Abbiamo cosi potuto determinare la funzione di massa di NGC 2264 in tutto l'intervallo di masse stellari. Da un confronto con la IMF della regione di Orione sembra che in NGC 2264 vi sia una frazione minore di stelle di massa molto piccola ($< 0.3 M_\odot$), il che potrebbe essere legato alle diverse caratteristiche fisiche delle due regioni, come ad esempio la densitá stellare o la presenza di stelle massicce, in accordo con alcuni modelli teorici di formazione stellare. Tra le sorgenti senza controparte, circa il 50% sono probabilmente associate a membri, molti dei quali ci aspettiamo siano oggetti protostellari, molto giovani, fino ad ora sconosciuti.

Per quanto riguarda l'attivitá X, abbiamo correlato le caratteristiche dell'emissione X (luminositá, temperature, assorbimenti, variabilitá) con le caratteristiche stellari e circumstellari delle controparti ottiche. Confermiamo diversi risultati precedenti: il rapporto tra luminositá bolometrica ed X, $L_X/L_{bol}$, è vicino, ma quasi sempre inferiore, al livello di saturazione, $10^{-3}$, specialmente se si considera l'emissione X quiescente. Un confronto tra stelle che accrescono e che non accrescono (CTTS e WTTS) mette in luce diverse differenze: le CTTS hanno, a paritá di massa, livelli di attivitá che sono in media minori e che presentano una maggiore dispersione rispetto alle WTTS; l'emissione X delle CTTS è, rispetto alle WTTS, probabilmente piú variabile nel tempo ed in media piú energetica. Tuttavia troviamo evidenza in alcune CTTS di plasma estremamente freddo, $\sim0.1-0.2$keV, che speculiamo sia riscaldato da shock di accrescimento. Concludiamo che l'attivitá X in stelle di PMS, pur essendo genericamente simile a quella di stelle di MS saturate, potrebbe essere influenzato significativamente dall'accrescimento di massa in diversi modi: l'accrescimento sembra essere responsabile di emissione molto soffice prodotta negli shock di accrescimento; riduce probabilmente l'emissione delle corone di tipo solare, rendendole allo stesso tempo piú calde e dinamiche.

In collaborazione con L. Rebull (Calthech), abbiamo anche intrapreso un altro studio delle relazioni tra indicatori di attivitá X e parametri stellari, facendo uso di un ampio set di dati ottenuti con Chandra: l'osservazione di NGC 2264 appena discussa, un'altra osservazione della stessa regione (Ramirez et al. 2004) e due osservazioni di regioni ``esterne'' della nebulosa di Orione (gli ``Orion Flanking Field'', OFF), oltre che ai dati di COUP per la regione centrale di Orione (ONC). Si é cosí ottenuto un ampio campione di stelle in un grande intervallo di masse ed etá che vanno da $<$ 1Myr per l'ONC fino a $\sim $ 3Myr per NGC 2264. Troviamo poca evidenza di evoluzione dei livelli di attivitaá X nei primi milioni di anni dell'evoluzione stellare, tranne che per i livelli piu' estremi, che sembrano in effetti diminuire in questo lasso di tempo. Le stelle di NGC 2264 che si trovano sulle tracce radiative hanno valori di $L_X/L_{bol}$ piú bassi di un fattore $\sim $10 rispetto alle stelle di massa simile, ma sulle tracce convettive. Ció é probabilemente legato a sostanziali modifiche della struttura interna che influenzano l'efficienza di generazione del campo magnetico, e quindi i livelli di attivitá magnetica. Le stelle di cui si conosce il periodo di rotazione sono in media piú brillanti in X, ma non si trova nessuna relazione tra attivitá e rotazione. Da questi analisi, infine, non si evince una correlazione tra i flussi X e la preseza di dischi circumstellari e/o il tasso di accrescimento di massa.



Figura 10: Immagine di $\sigma $ Orionis ottenuta dai tre rivelatori EPIC a bordo di XMM-Newton (tratta da Sanz-Forcada et al. 2004).
\includegraphics[width=0.5\textwidth]{giusi/sori_epic_bw.ps}

È stata completata l'analisi delle osservazioni EPIC di $\sigma $ Orionis (Fig. 10). Sono state rivelate 88 sorgenti associate a membri o candidati membri dell'ammasso, incluse 4 stelle calde e alcune stelle di massa molto piccola, tra cui due candidate nane brune, e possibilmente un oggetto di massa planetaria. Molte stelle mostrano variabilità significativa o brillamenti e in un caso è stata rivelata modulazione rotazionale dell'emissione X. Gli spettri a bassa risoluzione ottenuti per le sorgenti più brillanti sono ben riprodotti, nel caso delle stelle di tipo K-M, da due componenti termiche a temperature $kT_1 \sim 0.3-0.8$ keV e $kT_2\sim
1-3$ keV e misure di emissione $EM_2/EM_1 \sim 0.7-2.6$, con abbondanze molto minori di quella solare ( $Z\sim 0.1-0.5 Z_\odot$); lo spettro della stella calda $\sigma $ Ori AB mostra invece temperature più basse (0.1 e 0.7 keV), consistentemente con l'ipotesi di emissione da vento stellare. Un risultato interessante di questa osservazione è la rivelazione di un intenso flare X dalla stella calda $\sigma $ Ori E: lo spettro dell'emissione precedente il flare, simile a quello delle stelle fredde, e le caratteristiche del flare suggeriscono che l'emissione X osservata sia originata da un compagno freddo invisibile, piuttosto che dalla stella calda. Il confronto tra le proprietà delle stelle T Tauri classiche (CTT) o weak-lined (WTT) mostra che le CTT sono in generale meno luminose in X delle WTT, ma le loro caratteristiche spettrali sono simili (Sanz-Forcada et al. 2004, Franciosini et al. 2006).

Figura 11: Brillamento della stella HD 142578. Grafico in alto: curva di luce ottenuta con bin temporali di 300s. Grafico al centro: Temperatura della componente quiescente (simboli vuoti) e del brillamento (simboli pieni) di ciascun intervallo temporale. Grafico in basso: Metallicità della componente quiescente (simboli vuoti) e del brillamento (simboli pieni) di ciascun intervallo temporale.
\includegraphics[width=0.6\textwidth]{giusi/upscoflare.ps}

La relativa vicinanza della associazione Upper Scorpius (145 pc) e il basso assorbimento interstellare permettono di studiare nel dettaglio l'emissione X di stelle con età di 5 Myr. L'analisi di due osservazioni EPIC/XMM, unitamente a dati fotometrici nel vicino infrarosso e nell'ottico, ha permesso di rivelare emissione X da 22 oggetti appartenenti alla associazione Upper Scorpius, su un totale di 224 sorgenti X rivelate (Argiroffi et al. 2005, Argiroffi et al. 2006). L'insieme dei 22 membri fotometrici identificati include una stella T Tauri classica, e 7 stelle weak-line T Tauri, lo stato evolutivo dei rimanenti membri non è noto. Tutti i membri fotometrici rivelati in X hanno classi spettrali che vanno dalla classe M fino alla classe G, con l'unica eccezione della stella di massa intermedia HD 142578 la cui classe spettrale è A2.

L'emissione X dei membri fotometrici di Upper Scorpius mostra plasmi con basse metallicità e temperature intorno a 10MK, simili ai plasmi coronali di stelle attive di sequenza principale. Durante le osservazioni EPIC/XMM il 59% delle stelle di Upper Scorpius sono risultate variabili. Ad esempio in figura 11 è mostrato un brillamento di un membro di Upper Scoprius: durante il brillamento il count rate X della sorgente è aumentato di un fattore 100, la temperatura è passata da 10 a 100 MK, e la metallicità è cresciuta di un fattore 20. In quattro casi i brillamenti osservati, mediante spettroscopia risolta nel tempo, hanno permesso di stimare la lunghezza degli archi coronali dove i brillamenti stessi sono avvenuti: in tutti i casi si è trovato che questi archi coronali avevano lunghezze inferiori ai raggi delle rispettive stelle.

E' stato completata l'analisi dell'osservazione EPIC di IC 2391 (Marino et al. 2005), particolarmente interessante perchè si tratta di un ammasso aperto appena giunto sulla sequenza principale. Sommando i dati ottenuti dai rivelatori MOS1, MOS2 e pn che costituiscono la camera EPIC, si sono rivelate 99 sorgenti X. Ventiquattro di queste sono membri o probabili membri dell'ammasso con tipi spettrali che vanno dai più caldi ai tipi M più avanzati. Gli spettri X di stelle G, K ed M sono ben rappresentati da due componenti isoterme (a $kT1= 0.3-0.5$ keV e $kT2=
1.0-1.2$ keV), mentre i gli spettri delle stelle di tipo F richiedono soltanto una componente isoterma fredda. Il 46% dei membri di IC 2391 mostrano variabilitá temporale durante l'osservazione con una confidenza statistica maggiore del 99%. Un confronto dei dati EPIC con quelli ottenuti nove anni prima con ROSAT/PSPC non mostra evidenza di variabilitá su questa scala temporale, suggerendo che cicli di attivitá simili a quelli solari non sono comuni (o sono assenti) in stelle giovani.

E` stata analizzata un'osservazione Chandra della regione di formazione stellare Cyg OB2 (Albacete Colombo et al. 2006). Si tratta di una regione molto ricca di stelle massicce, la cui popolazione di piccola massa è stata scoperta con le osservazioni Chandra. Sono state rivelate più di 1000 sorgenti, l'80% delle quali appartiene all'ammasso. L'analisi delle proprietà infrarosse di queste sorgenti ha permesso di evidenziare una mancanza di stelle con dischi circumstellari rispetto ad altre regioni di età simile. Questo difetto sembra legato alla presenza di stelle massicce che con il loro forte flusso ultravioletto hanno contribuito a dissipare i dischi delle stelle nella regione. L'emissione X delle stelle massicce è più soft e meno variabile dell'emissione delle stelle di più bassa massa, consistentemente con l'emissione da vento. Le proprietà dell'emissione sembrano però diverse fra le stelle con venti sottili e quelle con venti spessi.



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Flavio Morale 2006-10-31