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Evoluzione delle strutture coronali e studi di abbondanze

Figura 22: Spettri di VB 50 e $\theta ^1$ Tau ($=$ VB 71) ottenuti con i tre strumenti EPIC (spettro PN in verde, spettri MOS1 e MOS2, sovrapposti, in viola) e confronto tra le distribuzioni di misura di emissione ricavate per le due stelle dagli spettri RGS (in basso). (Tratta da Pallavicini et al. 2005).
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$\theta ^1$ Tau è la più brillante delle quattro giganti delle Iadi, le cui differenze di luminosità X e di emissione cromosferica rimangono a tutt'oggi non spiegate, trattandosi di stelle che occupano la stessa posizione nel diagramma HR e hanno proprietà (incluse età e rotazione) del tutto simili. VB50 è invece una delle più brillanti stelle di sequenza principale di tipo solare dell'ammasso. Le osservazioni XMM confermano la forte emissione in raggi X di $\theta ^1$ Tau che sembra essere rimasta praticamente costante, su un arco di tempo di venti anni, rispetto a precedenti osservazioni Einstein, ROSAT ed ASCA. L'analisi degli spettri EPIC di $\theta ^1$ Tau e VB 50 (Fig. 22) ha mostrato che la corona di VB 50 è significativamente più calda di quella di $\theta ^1$ Tau: quest'ultima ha temperature di $\sim 4-7$ milioni di gradi, mentre la corona di VB 50 raggiunge $\sim 20$ milioni di gradi. Entrambe le stelle hanno abbondanze subsolari, minori di circa un fattore 2 per VB 50 rispetto a $\theta ^1$ Tau, e significativamente minori della metallicità fotosferica misurata per le stelle delle Iadi. La distribuzione di misura di emissione ricavata dagli spettri RGS mostra per entrambe un picco a $\log T = 6.8$, con andamento prima del massimo più ripido per $\theta ^1$ Tau (Fig. 22). Mentre VB 50 mostra abbondanze rispetto al Fe simili alla fotosfera solare, con la sola eccezione di una forte sovrabbondanza di Ni, in $\theta ^1$ Tau gli elementi a basso potenziale di prima ionizzazione (FIP) sono simili al sole, mentre le abbondanze di quelli ad alto FIP sono molto minori rispetto sole, tranne l'N. La sovrabbondanza di N rispetto a C e O indica la presenza nella corona di $\theta ^1$ Tau di materiale processato nel ciclo CNO, consistente con il suo stato evolutivo di gigante nella fase successiva al flash dell'He.

Figura 23: Distribuzione della misura di emissione (istogramma) in funzione della temperatura del plasma nella corona di HD 283572, EK Dra e 31 Com derivate dall'analisi degli spettri RGS di XMM-Newton. Come confronto sono mostrate anche le distribuzioni di misura di emissione di $\xi $ Bootis e del Sole. (Tratta da Scelsi et al. 2005).
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Uno studio approfondito è stato condotto confrontando le stelle attive HD 283572, EK Dra e 31 Com (Scelsi et al. 2005). Queste sorgenti appartengono alla stessa classe spettrale (G), presentano una luminosità X compresa fra $10^{30}$ e $10^{31}\,{\rm erg\,s}^{-1}$, ma si trovano in un diverso stadio evolutivo ed hanno una diversa gravità. HD 283572 è una stella in fase di contrazione verso la Sequenza Principale ed ha massa e raggio pari a $1.8\,M_{\odot}$ e $2-3\,R_{\odot}$ rispettivamente. EK Dra è una stella appena giunta sulla sequenza principale con massa e raggio coincidenti con i valori solari. Infine 31 Com è una gigante con massa pari a $3M_{\odot}$ e raggio pari a $9R_{\odot}$. Lo studio di queste sorgenti ha come obiettivo primario la derivazione di informazioni circa le strutture coronali delle sorgenti stesse, in termini di distribuzione di misura di emissione, abbondanze, densità.

Dal confronto dei risultati ottenuti per ciascuna stella si possono individuare quali siano i parametri significativi, e quali no, nella descrizione ed interpretazione dell'emissione in raggi X da corone di stelle attive.

Negli spettri di HD 283572, EK Dra e 31 Com sono state identificate righe appartenenti a C, O, Ne, Mg, Si, Fe e Ni.

In Fig. 23 sono riportate le distribuzioni di misura di emissione delle tre stelle in esame ricavate a partire dai flussi misurati delle righe. Le $EM(T)$ presentano un picco in corrispondenza di $\log T \sim 6.9-7.0$K, mentre la pendenza del tratto compreso fra $10^{6.5}$K e $10^{7.0}$K risulta compatibile con una legge del tipo $T^{5}$. Ipotizzando che l'emissione X sia prodotta da plasmi confinati in strutture magnetiche (loop) statiche a pressione costante e procedendo secondo il metodo proposto da Peres et al. (2001) (cf. 2), è possibile stimare la distribuzione in temperatura massima della popolazione di tali strutture. Inoltre le ripide pendenze osservate nella distribuzione di misura di emissione in funzione della temperatura suggeriscono che le loop debbano avere qualche caratteristica diversa da quelle tipiche delle strutture nella corona solare: tra le varie ipotesi vi sono la possibilità che la sezione delle loop sia crescente con l'altezza o, più verosimilmente, che esse siano mantenute da un riscaldamento concentrato alla base, forse di tipo dinamico.

Le abbondanze stimate contestualmente alla ricostruzione della distribuzione della misura di emissione, se rapportate alle abbondanze della fotosfera solare, presentano solo una debole dipendenza dal potenziale di prima ionizzazione (FIP) dei vari elementi, mentre nel caso della corona solare gli elementi con basso FIP ($< 10$eV) risultano, in molti casi, sovrabbondanti di circa un fattore 4 rispetto alla composizione chimica in fotosfera.

La Fig. 23 mostra inoltre che, nonostante le due stelle 31 Com e HD 283572 abbiano caratteristiche fisiche ed evolutive sensibilmente diverse, le loro distribuzioni di misura di emissione risultano estremamente simili. Questo risultato indica che parametri rilevanti ai fini della distribuzione in temperatura del plasma coronale sono certamente la temperatura media e la luminosità X, mentre la gravità e stadio evolutivo sembrano giocare, almeno nei casi presi in esame, un ruolo minore.

Figura: Pannelli superiori: (a) A sinistra, curve di luce in raggi X di AD Leo (banda 7-25Å) estratte dalle osservazioni riportate in legenda. (b) A destra, confronto del tripletto del Ne IX osservato nello spettro di AD Leo con il nell'ottobre 2000 (con Chandra/LETG) e nel giugno 2002 (con Chandra/HETG). Pannelli inferiori: (c) A sinistra, spettro di AD Leo nella regione 120-130Å, che include in particolare le righe del Fe XXI a 121.2Å e 128.7Å. (d) A destra, rapporti dei flussi di varie righe del Fe XXI, previsti al variare della densita del plasma, nell'intervallo di temperature $10^{6.8}$-$10^{7.2}$K (bordi inferiori e superiori). Le aree ombreggiate indicano gli intervalli di densita consistenti con i dati, con le linee verticali poste ai limiti superiori per ciascun rapporto di righe. (Tratta da Maggio & Ness 2005).
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AD Leo (dM4.5e) è una delle sorgenti coronali più intense tra le stelle singole di tipo dMe osservate sino ad oggi. In passato, questa stella è stata osservata praticamente da tutti gli osservatori in raggi X che hanno preceduto Chandra. Per questi motivi AD Leo è stata da noi selezionata per due osservazioni con lo spettrometro LETG che sono state effettuate - come parte del programma GTO - nel gennaio 2000, con un tempo di esposizione di circa 10ksec, e successivamente nell'ottobre dello stesso anno, per $\sim 50$ksec. Queste osservazioni hanno fornito per la prima volta spettri in banda X ad alta risoluzione, da cui è stato possibile ottenere diagnostiche robuste della struttura termica e di densità del plasma nella corona di questa stella, insieme a una stima delle abbondanze chimiche coronali.

Lo spettro di AD Leo è dominato da righe di emissione del ferro con stati di ionizzazione dal XVI al XXIII. Sono state inoltre identificate righe del C, N, O, Ne, Mg, Si, S, e Ni, per un totale di 110 righe (incluse le righe del Fe), di cui le più intense (indicative della temperatura media del plasma) sono quelle del doppietto Ly$\alpha $ (non risolto) del OVIII ( $\lambda 18.967,18.972$), del NeX+FeXVII a 12.12Å, del NeIX+FeXIX a 13.45 Å, del FeXVII a 15.02Å, e la riga di risonanza del tripletto dell'OVII a 20.60Å.

L'analisi spettrale mostra che l'emissione in raggi X di AD Leo è dovuta a plasma con temperature comprese tra $10^6$K e $\sim 10^{7.5}$K, con un picco tra $10^{6.7}$K e $10^7$K. Stime della densità del plasma ottenute da rapporti tra le righe proibite e di intercombinazione dei tripletti eliodi dell'OVII, NeIX e SiXIII indicano che il plasma nel suo complesso non è in condizioni isobariche, e suggeriscono quindi la presenza di una distribuzione di archi coronali con diverse caratteristiche: in particolare, la diagnostica di densità e temperatura fornita dal tripletto del OVII indica una pressione media del plasma coronale ($p \sim 10$ dyne cm$^{-2}$) confrontabile con quella tipicamente presente nei nuclei delle regioni attive osservate nella corona solare, mentre pressioni molto più elevate ($p \sim 10^5$ dyne cm$^{-2}$) vengono suggerite dall'analisi del tripletto del SiXIII.

AD Leo è stata successivamente riosservata con il satellite Chandra nel giugno del 2002, utilizzando in questo caso lo HETG. La Fig. 24a mostra le curve di luce in raggi X derivate dalle diverse osservazioni di questa stella, mentre la Fig. 24b mette a confronto diretto la regione spettrale del tripletto del Ne IX alle due diverse epoche. Tale confronto di righe sensibili alla densità elettronica ha evidenziato come la corona di AD Leo sia caratterizzata da variazioni significative della densità elettronica su tempi scala di alcuni anni (Maggio & Ness 2005), che potrebbero essere collegate alla presenza di brillamenti coronali.

Una condizione di alta densita all'epoca dell'osservazione dell'ottobre 2000 e suggerita anche dalla peculiare rivelazione di particolari righe del Fe XXI, come indicato in Fig. 24c e Fig. 24d.

I risultati sin qui ottenuti suggeriscono che la corona di questa stella attiva è costituita, anche in fase quiescente, da strutture coronali relativamente calde e compatte rispetto agli standard solari. In presenza di brillamenti significative variazioni della misura di emissione si possono verificare nella coda ad alta temperatura ($T > 10^7$K), accompagnate da un aumento della pressione del plasma. Ulteriori analisi sono attualmente rivolte a comprendere se tali strutture sono spiegabili in termini di archi coronali in cui il plasma confinato magneticamente viene riscaldato in modo stazionario, ovvero se è necessaria una interpretazione basata su una distribuzione continua di brillamenti di natura dinamica.


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Flavio Morale 2006-10-31