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Studi di ammassi aperti e di regioni di formazione stellare

Lo studio degli ammassi aperti gioca un ruolo fondamentale nella comprensione dell'evoluzione delle stelle e delle loro atmosfere nelle varie fasi della loro esistenza. Tale studio permette di fissare alcuni parametri stellari, in generale noti con grande incertezza, quali la distanza, la composizione chimica e l'età. Le osservazioni di ammassi consentono lo studio di campioni stellari con un ampio intervallo di masse, ma con altri parametri cruciali fissati; il confronto fra ammassi diversi permette inoltre di determinare gli effetti dell'età e della metallicità.

Nel corso del 2006 sono stati condotti una serie di studi delle emissione coronale in vari gruppi stellari coevi. Questi studi si basano su recenti osservazioni degli osservatori spaziali Chandra ed XMM-Newton. Segue una breve descrizione di ciascuno studio e dei risultati principali. I large projects su Orione (Chandra Orion Ultradeep Project, COUP), la regione del Toro-Auriga (XMM-Newton Extended Survey of Taurus, XEST), e $\rho Oph$ (Deep Rho Ophiuchi X-ray Observation, DROXO) sono discusso in dettaglio nei paragrafi relativi.

I dati ottenuti con Chandra ed XMM-Newton su NGC 2516 hanno permesso di determinare il livello di emissione coronale per i membri dell'ammasso di tipo dK e dM, selezionati fotometricamente (Harnden et al. 2001, Sciortino et al. 2001, Damiani et al. 2003, Pillitteri et al. 2006). I risultati ottenuti per i membri dell'ammasso così selezionati, e corretti statisticamente per la contaminazione da stelle di campo, indicano che il livello di emissione delle stelle dM, dK e dG di NGC 2516 è certamente minore di quello delle Pleiadi, La differenza nel livello medio di emissione X tra NGC 2516 e le Pleiadi risulta ben spiegabile considerando la leggera differenza nell'età di questi due ammassi, in accordo con l'andamento già noto dell'emissione X al crescere dell'età stellare. Studi ottici recenti sembrano invece escludere una differente metallicità tra i due ammassi come possibile causa della loro diversa emissione X. Per una più definitiva conclusione sarà necessario attendere una lista di membri più affidabile, per esempio ottenuta da una campagna di velocità radiali. Inoltre, lo studio della limitata informazione spettrale in raggi X disponibile indica che le stelle dF di NGC 2516 hanno uno spettro di emissione coronale più soffice delle stelle dG e dK, quest'ultime mostrano temperature molto simile a quelle delle dG e dK delle Pleiadi. Poichè NGC 2516 è stato scelto come target di calibrazione sia da Chandra che da XMM, e quindi è stato osservato periodicamente da questi strumenti, l'elevato numero di osservazioni consentono un'analisi dettagliata delle proprietà della variabilità coronale di queste stelle (Wolk et al., 2004; Marino et al. 2006). Le variazioni su tempi scala di mesi hanno ampiezze minori che su tempi scala di ore per stelle di tipo solare. Su tempi scala confrontabili al ciclo solare (11 anni) non si osservano le stesse ampiezze di variabilita`, suggerendo quindi la mancanza o la minore entità di cicli di attività in stelle di 100 Myr.

E' stato anche studiato l'ammasso giovane NGC 2362, che per la sua età di 5 milioni di anni è eccezionalmente povero di polvere interstellare/circumstellare, ed offre una opportunità unica di studiare l'attività puramente stellare in questa fase evolutiva, senza le incertezze tipicamente introdotte dal mezzo interstellare, denso ed irregolare, in altri ammassi della stessa età. Un'osservazione profonda con Chandra ACIS-I (Damiani et al. 2006) ci ha permesso di rivelare circa 400 sorgenti puntiformi di raggi X in NGC 2362, la maggior parte delle quali sono identificate otticamente con membri dell'ammasso (di pre-sequenza). Lo studio dei ``colori'' del'emissione X conferma ulteriormente l'appartenenza di queste sorgenti X all'ammasso. La luminosità X quiescente di queste stelle risulta strettamente correlata con la luminosità bolometrica stellare, con una dispersione minore che in altri ammassi, ma simile a quella di stelle di pre-sequenza senza accrescimento. Questa stretta correlazione pone un limite stringente sulla massima ampiezza di variabilità dovuta a cicli di attività di tipo solare in sorgenti coronali molto giovani. Grazie all'efficace selezione tramite le osservazioni in raggi X, dei membri dell'ammasso fino a 0.4 masse solari, è stato possibile calcolare la IMF dell'ammasso, che risulta significativamente sovrabbondante in stelle massicce rispetto p.es. alla regione di Orione, o alle stelle di campo. Si è trovato inoltre che NGC 2362 presenta una segregazione in massa, probabilmente primordiale, ed una dispersione delle età delle stelle molto bassa ($<$1-1.5 milioni di anni). La segregazione in massa fa si' che la IMF nella regione centrale dell'ammasso sia ancora più sbilanciata a favore delle stelle massicce che la IMF globale dell'ammasso.

Figura 8: Funzione iniziale di massa di NGC 2362, nell'intero campo di vista di Chandra/ACIS (linea continua spessa), e nella regione centrale di raggio $3^{\prime }$ (linea continua sottile). La linea tratteggiata sottile indica un fit a legge di potenza, mentre la linea a tratto lungo è il modello di Chabrier (2003).
\begin{figure}\centerline{\psfig{file=giusi/ngc2362_imf.ps,width=0.5\textwidth}}\end{figure}

Sulla base di nuove osservazioni in raggi X ottenute con Chandra/ACIS, è in corso lo studio dell'ammasso giovane NGC 6231 (Sco OB1). L'osservazione Chandra (120 ksec) ha permesso di rivelare circa 1500 sorgenti puntiformi, di cui stimiamo che circa il 95% sia membro dell'ammasso, fino ad un limite di massa stimato $\sim 0.5
M_{\odot}$. L'ammasso risulta così ancora più ricco di NGC 6530, studiato in precedenza (Damiani et al. 2004, 2006; Prisinzano et al. 2005), e dell'ammasso della Nebulosa di Orione. Solo la metà circa delle sorgenti X sono identificate con oggetti da cataloghi ottici o IR (2MASS), ma la distribuzione spaziale delle sorgenti non identificate mostra che esse sono in maggioranza membri dell'ammasso. Dalle sorgenti con controparte IR, si trova che la formazione stellare in NGC 6231 è pressochè conclusa, poichè pochissime stelle hanno eccessi nel vicino IR. In ciò, questo ammasso è simile ad NGC 2362 (recentemente studiato in raggi X da Damiani et al. 2006); a differenza di NGC 2362, la IMF di NGC 6231 non presenta un deficit di stelle di piccola massa, ma ha una distribuzione di tipo Salpeter fino a circa $1 M_{\odot}$. Questo risultato è in contrasto con la IMF dello stesso ammasso presentata da Sung et al. (1998): ciò è facilmente spiegabile con la selezione di stelle PMS fatta da questi autori esclusivamente tramite l'emissione H$\alpha $, che è molto incompleta in ammassi le cui stelle hanno quasi completato la fase di accrescimento PMS (cioè di T Tauri classica). Come avviene in NGC 2362, anche in NGC 6231 i nuovi dati confermano l'esistenza di una segregazione delle stelle più massicce di NGC 6231 (già suggerita da altri autori), e ridefiniscono la dimensione dell'ammasso nel suo complesso.

Figura 9: Immagine della regione di formazione stellare NGC 2264 osservata in raggi X con il satellite Chandra.
\begin{figure}\centerline{\psfig{file=flaccomio/eflaccomio_f2.ps,width=0.5\textwidth}}\end{figure}

È stata portata a termine l'analisi di un'osservazione di 100 ksec di Chandra della regione di formazione stellare NGC 2264 (Flaccomio et al. 2006; Fig. 9). Lo scopo dell'osservazione era duplice: selezionare i membri della regione e studiare l'origine dell'attività X in stelle giovani di pre-sequenza principale. Abbiamo rivelato 420 sorgenti X, l'85% delle quali è stato identificato con controparti ottiche o infrarosse. Poichè le stelle di PMS sono molto più brillanti nei raggi X delle stelle di campo, stimiamo che il 90% di queste controparti sia un membro di NGC 2264, incrementando quindi notevolmente la popolazione nota della regione, di circa 100 stelle. Abbiamo cosi potuto determinare la funzione di massa di NGC 2264 in tutto l'intervallo di masse stellari. Da un confronto con la IMF della regione di Orione sembra che in NGC 2264 vi sia una frazione minore di stelle di massa molto piccola ($< 0.3 M_\odot$), il che potrebbe essere legato alle diverse caratteristiche fisiche delle due regioni, come ad esempio la densità stellare o la presenza di stelle massicce, in accordo con alcuni modelli teorici di formazione stellare. Tra le sorgenti senza controparte, circa il 50% sono probabilmente associate a membri, molti dei quali ci aspettiamo siano oggetti protostellari, molto giovani, fino ad ora sconosciuti.

Per quanto riguarda l'attività X, abbiamo correlato le caratteristiche dell'emissione X (luminosità, temperature, assorbimenti, variabilità) con le caratteristiche stellari e circumstellari delle controparti ottiche. Confermiamo diversi risultati precedenti: il rapporto tra luminosità bolometrica ed X, $L_X/L_{bol}$, è vicino, ma quasi sempre inferiore, al livello di saturazione, $10^{-3}$, specialmente se si considera l'emissione X quiescente. Un confronto tra stelle che accrescono e che non accrescono (CTTS e WTTS) mette in luce diverse differenze: le CTTS hanno, a parità di massa, livelli di attività che sono in media minori e che presentano una maggiore dispersione rispetto alle WTTS; l'emissione X delle CTTS è, rispetto alle WTTS, probabilmente più variabile nel tempo ed in media più energetica. Tuttavia troviamo evidenza in alcune CTTS di plasma estremamente freddo, $\sim0.1-0.2$keV, che speculiamo sia riscaldato da shock di accrescimento. Concludiamo che l'attività X in stelle di PMS, pur essendo genericamente simile a quella di stelle di MS saturate, potrebbe essere influenzato significativamente dall'accrescimento di massa in diversi modi: l'accrescimento sembra essere responsabile di emissione molto soffice prodotta negli shock di accrescimento; riduce probabilmente l'emissione delle corone di tipo solare, rendendole allo stesso tempo più calde e dinamiche.

In collaborazione con L. Rebull (Calthech), abbiamo anche concluso (Rebull et al. 2006) un altro studio delle relazioni tra indicatori di attività X e parametri stellari, facendo uso di un ampio set di dati ottenuti con Chandra: l'osservazione di NGC 2264 appena discussa, un'altra osservazione della stessa regione (Ramirez et al. 2004) e due osservazioni di regioni ``esterne'' della nebulosa di Orione (gli ``Orion Flanking Field'', OFF), oltre che ai dati di COUP per la regione centrale di Orione (ONC). Si è così ottenuto un ampio campione di stelle in un grande intervallo di masse ed età che vanno da $<$ 1Myr per l'ONC fino a $\sim $ 3Myr per NGC 2264. Troviamo poca evidenza di evoluzione dei livelli di attivitaà X nei primi milioni di anni dell'evoluzione stellare, tranne che per i livelli piu' estremi, che sembrano in effetti diminuire in questo lasso di tempo. Le stelle di NGC 2264 che si trovano sulle tracce radiative hanno valori di $L_X/L_{bol}$ più bassi di un fattore $\sim $10 rispetto alle stelle di massa simile, ma sulle tracce convettive. Ciò è probabilemente legato a sostanziali modifiche della struttura interna che influenzano l'efficienza di generazione del campo magnetico, e quindi i livelli di attività magnetica. Le stelle di cui si conosce il periodo di rotazione sono in media più brillanti in X, ma non si trova nessuna relazione tra attività e rotazione. Da questi analisi, infine, non si evince una correlazione tra i flussi X e la preseza di dischi circumstellari e/o il tasso di accrescimento di massa.



Figura 10: Immagine di $\sigma $ Orionis ottenuta dai tre rivelatori EPIC a bordo di XMM-Newton (tratta da Franciosini et al. 2006).
\begin{figure}\centerline{\psfig{file=giusi/sori_epic_bw.ps,width=0.5\textwidth}}\end{figure}

È stata completata l'analisi delle osservazioni EPIC di $\sigma $ Orionis (Fig. 10). Sono state rivelate 88 sorgenti associate a membri o candidati membri dell'ammasso, incluse 4 stelle calde e alcune stelle di massa molto piccola, tra cui due candidate nane brune, e possibilmente un oggetto di massa planetaria. Molte stelle mostrano variabilità significativa o brillamenti e in un caso è stata rivelata modulazione rotazionale dell'emissione X. Gli spettri a bassa risoluzione ottenuti per le sorgenti più brillanti sono ben riprodotti, nel caso delle stelle di tipo K-M, da due componenti termiche a temperature $kT_1 \sim 0.3-0.8$ keV e $kT_2\sim
1-3$ keV e misure di emissione $EM_2/EM_1 \sim 0.7-2.6$, con abbondanze molto minori di quella solare ( $Z\sim 0.1-0.5 Z_\odot$). Il confronto tra le proprietà delle stelle T Tauri classiche (CTT) o weak-lined (WTT) mostra che le CTT sono in generale meno luminose in X delle WTT, ma le loro caratteristiche spettrali sono simili (Franciosini et al. 2006).

Figura 11: Brillamento della stella HD 142578. Grafico in alto: curva di luce ottenuta con bin temporali di 300s. Grafico al centro: Temperatura della componente quiescente (simboli vuoti) e del brillamento (simboli pieni) di ciascun intervallo temporale. Grafico in basso: Metallicità della componente quiescente (simboli vuoti) e del brillamento (simboli pieni) di ciascun intervallo temporale.
\begin{figure}\centering
\psfig{figure=giusi/upscoflare.ps,width=0.6\textwidth}\end{figure}

La relativa vicinanza della associazione Upper Scorpius (145 pc) e il basso assorbimento interstellare permettono di studiare nel dettaglio l'emissione X di stelle con età di 5 Myr. L'analisi di due osservazioni XMM/EPIC, unitamente a dati fotometrici nel vicino infrarosso e nell'ottico, ha permesso di rivelare emissione X da 22 oggetti appartenenti alla associazione Upper Scorpius, su un totale di 224 sorgenti X rivelate (Argiroffi et al. 2006). Dei 22 membri fotometrici selezionati 13 sono stati identificati come membri di Upper Scorpius per la prima volta. Fra i 22 membri vi sono una stella T Tauri classica, e 7 stelle weak-line T Tauri, mentre lo stato evolutivo dei rimanenti membri non è noto. Tutti i membri fotometrici rivelati in X hanno classi spettrali che vanno dalla classe M fino alla classe G, con l'unica eccezione della stella di massa intermedia HD 142578 la cui classe spettrale è A2.

L'emissione X dei membri fotometrici di Upper Scorpius mostra plasmi con basse metallicità e temperature intorno a 10MK, simili ai plasmi coronali di stelle attive di sequenza principale. Durante le osservazioni EPIC/XMM al meno il 59% delle stelle di Upper Scorpius hanno mostrato emissione X variabile. Ad esempio in figura 11 è mostrato un brillamento di un membro di Upper Scoprius: durante il brillamento il count rate X della sorgente è aumentato di un fattore 100, la temperatura è passata da 10 a 100 MK, e la metallicità è cresciuta di un fattore 20. In quattro casi i brillamenti osservati, mediante spettroscopia risolta nel tempo, hanno permesso di stimare la lunghezza degli archi coronali dove i brillamenti stessi sono avvenuti: in tutti i casi si è trovato che questi archi coronali avevano lunghezze inferiori o confrontabili ai raggi delle rispettive stelle.

E` stata analizzata un'osservazione Chandra della lunghezza di 100ks della regione di formazione stellare Cyg OB2 (Albacete Colombo et al. 2006). Si tratta di una regione molto ricca di stelle massicce, la cui popolazione di piccola massa è stata scoperta con le osservazioni Chandra. Sono state rivelate più di 1000 sorgenti, l'80% delle quali appartenenti all'ammasso. L' analisi delle proprietà infrarosse di queste sorgenti ha permesso di evidenziare una mancanza di stelle con dischi circumstellari rispetto ad altre regioni di età simile. Questo difetto sembra legato alla presenza di stelle massicce che con il loro forte flusso ultravioletto hanno contribuito a dissipare i dischi delle stelle nella regione. L' emissione X delle stelle massicce è più soft e meno variabile dell'emissione delle stelle di più bassa massa, consistentemente con l' emissione da vento. Le proprietà dell'emissione sembrano però diverse fra le stelle con venti sottili e quelle con venti spessi. Le stelle di piccola massa hanno emissione X consistente con le stelle di simile età della nebulosa di Orione.

Abbiamo inoltre intrapreso uno studio dettagliato della variabilità X nelle stelle di piccola massa, con particolare riferimento ai brillamenti (Albacete colombo et al., in preparazione). Abbiamo analizzato in modo consistente le curve di luce X delle 1003 sorgenti nella regione del Cigno e, per confronto, quelle delle 1616 sorgenti rivelate nell'ammasso di Orione nell'osservazione da 850ksec del "Chandra Orion Ultra-deep Project". Per l' analisi abbiamo utilizzato un metodo di massima verosimiglianza per suddividere le curve di luce in segmenti con emissione circa costante; utilizzando tale rappresentazione delle curve di luce abbiamo rivelato i brillamenti in base all'intensità dell'emissione ed alla sua derivata temporale. Abbiamo quindi derivato la frequenza dei brillamenti e la loro distribuzione di energia, sia per le sorgenti del Cigno, sia per quelle di Orione. Abbiamo infine investigato l' effetto della lunghezza dell'osservazione su questi risultati, ripetendo l' analisi statistica su cinque segmenti da 100ks estratti dalla lunga osservazione di Orione. Si sono rivelati 147 e 1022 brillamenti, rispettivamente, dalle stelle del Cigno e di Orione. Nel Cigno i brillamenti hanno un tempo di decadimento che va da $\raisebox{-0.6ex}{$\,\stackrel{\raisebox{-.2ex}{$\textstyle<$}}{\sim}\,$}$0.5 a 10 ore. Tutte le distribuzioni di energia che abbiamo derivato sono ben descritte, ad alte energie, da una legge di potenza con indice $\alpha $=-(2.1$\pm$0.1). A basse energie le distribuzioni si appiattiscono, probabilmente a causa della incompletezza nella rivelazione dei brillamenti poco intensi. Il valore dell'indice della legge di potenza è compatibile con le ipotesi di riscaldamento delle corone da parte di micro-brillamenti. Troviamo che la frequenza dei brillamenti di una data energia dipende dalla luminosità X delle sorgenti; la sua determinazione è tuttavia influenzata dalla lunghezza dell'osservazione. La pendenza della coda di alta energia della distribuzione di energia ne risulta invece poco influenzata. Un confronto tra le sorgenti del Cigno e quelle di Orione, tenendo conto degli effetti di selezione osservativi, mostra che le stelle delle due regioni, di età simile ($\sim $2 e $\sim $1 Myr) e già note per avere simili livelli di emissione X media, condividono anche attività da brillamento molto simili.



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Flavio Morale 2007-08-14