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Statistica dei brillamenti stellari

In analogia con la ben nota teoria del riscaldamento da micro-brillamenti, formulata con la corona solare, si sta indagando la possibilità che gran parte dell'emissione in banda X delle stelle giovani sia riconducibile a brillamenti. Infatti, studi di variabilità nella banda X soffice ($0.5-8.0$keV) condotti da ricercatori OAPa su diverse regioni di formazione stellare (Ammasso della Nebulosa di Orione, Toro, Cyg OB2) hanno mostrato che la distribuzione dei brillamenti è compatibile con l'ipotesi che la corona sia riscaldata da una sovrapposizione di brillamenti di diversa intensità, distribuiti secondo una legge di potenza. Una possibile diagnostica per verificare tale ipotesi è quella di misurare l'emissione non-termica nella banda dei raggi X duri ($>20$ keV), dove la luminosità stellare è dovuta principalmente ai brillamenti. Partendo da una relazione empirica tra la luminosità di picco dei brillamenti tra le bande $0.5-8.0$keV e $20-40$keV (Isola et al. 2007, A&A, 472, 261) e ipotizzando che l'emissione coronale sia dovuta unicamente a brillamenti è stata ricavata una relazione che lega la luminosità X totale della stella nelle due bande (Caramazza et al. 2009, in stampa). Cyg OB2 è l'unica regione di formazione stellare per cui esiste una misura della luminosità in banda dura, effettuata da De Becker e collaboratori nel 2007, tramite il satellite INTEGRAL. Da un confronto della luminosità totale misurata per le stelle di piccola massa di Cyg OB2, con quella ricavata dalla relazione descritta in Caramazza et al. (2009), si può concludere che un contributo non trascurabile dell'emissione di Cyg OB2 nella banda dei raggi X duri, potrebbe provenire da brillamenti di stelle di piccola massa, avvalorando così la teoria del riscaldamento coronale da micro-brillamenti.


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Flavio Morale 2009-10-27