next up previous contents
Next: Shock da accrescimento in Up: Modelli Previous: Modelli   Contents


Brillamenti stellari

Le corone stellari non sono risolte spazialmente con gli attuali telescopi che operano nella banda X. I brillamenti stellari rivelati nella banda dei raggi X hanno molte analogie con i brillamenti osservati sul Sole: la forma della curva di luce, le elevate temperature (sopra i 10 milioni di gradi), i tempi scala caratteristici. L'utilizzo di analoghi modelli fisici permette, nel caso dei brillamenti stellari, di ottenere informazioni sulle strutture coronali in cui essi avvengono. Studiando le leggi generali di decadimento dei brillamenti, si è appurato che il tempo di decadimento scala con la lunghezza dell'arco coronale sede del brillamento. Dal tempo di decadimento si possono dunque stimare le dimensioni dell'arco, anche in assenza di immagini dirette della regione del brillamento. Tale procedura è complicata dal fatto che durante il decadimento si possono ancora avere notevoli rilasci di energia che, allungandone la durata, porterebbero ad una sovrastima della lunghezza. Secondo studi svolti dal nostro gruppo, è ancora possibile ottenere stime affidabili attraverso dei termini correttivi che tengono conto dell'effetto di questo riscaldamento residuo, ottenuti tramite una serie di simulazioni idrodinamiche (Reale et al. 1997, A&A, 325, 782).

Questo metodo ha avuto riconoscimento in ambito internazionale per applicazioni a brillamenti stellari osservati con Einstein, ROSAT, ASCA, BeppoSAX e XMM-Newton (si vedano le rassegne Reale 2002, A.S.P. Conference Series 277, 103; Reale 2003, Adv. Sp. Res., 32, 1057). Il metodo è stato poi esteso alla fase di salita e di picco dei brillamenti stellari con la derivazione di relative leggi di scala e metodi di stima della dimensione degli archi e con le prime applicazioni a brillamenti osservati (Reale 2007, A&A, 471, 271).

Osservazioni stellari da parte dei satelliti di ultima generazione hanno evidenziato brillamenti con particolare dovizia di dettagli, che si prestano a studi con modelli idrodinamici di arco coronale (p.es. su Proxima Centauri dal satellite XMM-Newton, Reale et al. 2004, A&A, 416, 733). Un'ultimo interessante caso riguarda un brillamento osservato sulla stella CN Leonis, spiegabile con un impulso della durata di soli pochi secondi (Schmitt et al. 2008, A&A, 481, 799).

L'applicazione di modelli idrodinamici dettagliati di archi coronali a brillamenti su stelle giovani, come quelle di Orione e del Toro (Favata et al. 2005, ApJS, 160, 469; Giardino et al. 2006, A&A, 453, 241) ha evidenziato la presenza di archi sottili e molto estesi, oltre le dimensioni delle stesse stelle, sulla scala della distanza tra stella e relativi dischi di accrescimento. Un arco altrettanto esteso ma più spesso spiega molto bene un brillamento osservato con il satellite Chandra su una stella gigante (HR9024, Fig. [*]), dimostrando che anche in questa evolutiva è possibile la presenza di una corona di tipo solare (Testa et al. 2007, ApJ, 663, 1232; Testa et al. 2008, ApJL, 675, 97). I modelli si sono anche dimostrati compatibili con l'evidenza di fenomeni di fluorescenza X (Ercolano et al. 2008, ApJ, 688, 1315).

Figure: Confronto tra curva di luce osservata (istogramma) e ottenuta da un modello di arco coronale di lunghezza $10^{12}$ cm (linea continua) di un brillamento osservato con il satellite Chandra sulla stella gigante HR9024 (Testa et al. 2008, ApJ, 675, L97).
\includegraphics[clip scale=0.5]{stelle/lc_hr9024.ps}


next up previous contents
Next: Shock da accrescimento in Up: Modelli Previous: Modelli   Contents
Flavio Morale 2009-10-27