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Fisica della corona confinata

In questo campo l'interesse si è incentrato sulla comprensione della morfologia, delle condizioni fisiche e della dinamica delle strutture coronali sia in condizioni stazionarie (cioè gli archi coronali in quiete e le regioni attive) sia nel corso di eventi transitori come i brillamenti e i Coronal Mass Ejections. L'approccio adottato comprende l'interpretazione fisica delle strutture e dei fenomeni coronali tramite modelli, l'analisi di osservazioni coronali X e UV da satellite, e il confronto dettagliato dei modelli con le osservazioni.

La maggior parte dell'emissione in raggi X della corona solare proviene da archi coronali in cui plasma caldo a milioni di gradi è confinato dal campo magnetico solare. In tali condizioni, le caratteristiche e i tempi scala dell'emissione in raggi X sono in gran parte determinate dalla fluidodinamica del plasma: per tale motivo modelli puramente fluidodinamici di plasma si sono rivelati preziosi strumenti teorici e di diagnostica e hanno fornito vincoli cruciali per comprendere i meccanismi fisici in gioco.

Le ricerche riguardanti la fisica della corona confinata sono state stimolate negli ultimi anni dalla acquisizione di dati di sempre maggiore qualità da diversi satelliti, in particolare da Yohkoh, che ha monitorato la corona e i brillamenti solari in continuazione nel corso di un intero ciclo solare (1991-2001), dal SOlar and Heliospheric Observatory (SOHO), che dal 1995 fornisce una messe di informazioni soprattutto di carattere spettroscopico sulla corona interna ed esterna, e dal Transition Region And Coronal Explorer (TRACE), lanciato nel 1998, che permette di studiare la struttura fine della corona e di evidenziarne la forte filamentazione grazie alla sua elevata risoluzione spaziale ( $1^{\prime\prime}$).

Nel corso del 2006 è stato lanciato il satellite solare Hinode (c.f. Fig. [*]), frutto di una collaborazione Giappone/USA/Europa. La missione Hinode è basata su strumenti innovativi dedicati alla fisica solare e coronale. Alcuni dei problemi di elezione vertono sul ruolo degli eventi impulsivi e delle onde nel riscaldamento della corona, nonché sull'origine delle eruzioni solari, dei brillamenti e dei Coronal Mass Ejections. Il satellite contiene tre strumenti principali, due telescopi ad alta risoluzione nelle bande ottica e X, rispettivamente, ed uno spettrometro EUV a immagine. XRT è un telescopio a incidenza radente con una risoluzione angolare di circa 1 arcsec e dotato di nove diversi filtri montati su due ruote coassiali, che permettono una diagnostica termica innovativa del plasma coronale. Hinode e XRT rappresentano un forte elemento di innovazione di linee di ricerca consolidate della fisica solare nella banda X, una tematica in cui il gruppo di Palermo ha una lunga tradizione, più che trentennale, ed ha sempre avuto un ruolo di primo piano a livello internazionale. La missione nasce da una collaborazione USA, Giappone e Regno Unito. Da parte italiana, INAF/Osservatorio Astronomico di Palermo ha contribuito con la calibrazione a terra dei filtri del telescopio X (Golub, et al., 2007, Sol.Phys, 243, 63) e G. Peres è co-Investigator dello strumento.

Figure: Il satellite Hinode con a bordo lo strumento X-Ray Telescope (XRT) alla cui calibrazione ha collaborato il gruppo di INAF/Osservatorio Astronomico di Palermo.
\includegraphics[clip scale=0.3]{sole/XRT_logo.ps}

Si perseguono linee di ricerca che fanno e faranno continuo riferimento ai dati di queste missioni, utilizzandoli estesamente, sia attraverso studi più prettamente incentrati sull'analisi dei dati, sia attraverso studi che invece legano tale analisi a modelli dettagliati delle strutture e dei fenomeni osservati e alla sintesi dai modelli di quantità osservabili da confrontare con i dati.

Tale approccio è stato estensivamente applicato ad esempio allo studio dei brillamenti coronali, una linea di ricerca ``storica'' nel gruppo dell'OAPA e della sezione di Astronomia del Dip.SFA/Palermo. I brillamenti consistono in rapidi aumenti di luminosità di zone limitate della corona solare, seguiti da una più lenta e graduale diminuzione. I brillamenti possono raggiungere luminosità uguali o maggiori dell'intera corona e temperature di decine di milioni di gradi (MK). Sono osservati con curve di luce simili sia sul Sole, dove sono anche risolti spazialmente, sia sulle altre stelle. Su questa base si sono effettuati studi comparativi e si sono utilizzati i brillamenti solari come prototipi per interpretare e ottenere informazioni sui brillamenti stellari e sulle regioni in cui avvengono (si veda la Sez. [*]).

Studi recenti su questo argomento si basano su dati rilevati dai satelliti SOHO e TRACE, e ultimamente dal satellite Hinode. Nel corso del 2008 si sono proseguiti studi sotto l'impulso di un gruppo di studio finanziato da ESA presso ISSI di Berna con tematica riguardante il riscaldamento della corona tramite nanobrillamenti. Da un lato si sono effettuati studi basati su modelli sulla rivelabilità di plasma caldo a temperature dell'ordine di 10 MK che ci si aspetta in presenza di nanobrillamenti. Si è così posto in evidenza che tale plasma caldo potrebbe essere più difficile da rivelare perché potrebbe non raggiungere l'equilibrio di ionizzazione che compete allo stato di plasma caldo prima della fine dell'impulso di calore (Reale & Orlando, 2008, ApJ, 684, 715). D'altro canto si è avviata una linea di ricerca sull'analisi dei dati dello strumento X-Ray Telescope (XRT) a bordo del satellite Hinode. La tematica è la diagnostica termica del plasma basata sul rapporto di mappe di emissione in filtri a larga banda. È noto che tale rapporto fornisce una misura di temperatura (mediata sulla banda dei filtri) e quindi è possibile ricavare vere e proprie mappe termiche di intere regioni della corona solare. Una particolare combinazione dei filtri ha fornito una mappa termica di una regione attiva ricca di dettagli (Fig. [*]), mostrando grandi potenzialità di diagnostica dello strumento XRT (Reale et al., 2007, Science, 318, 1582). Tali studi sono proseguiti con la ricerca della presenza di plasma ad alta temperatura, intorno a 10 MK, che indicherebbe la presenza di rilasci impulsivi di energia, i nanobrillamenti appunto. Evidenza di plasma caldo è stata rivelata attraverso rapporti tra filtri duri e sembrerebbe essere estesa su intere regioni attive e diffusa, cioè non direttamente assegnabile a singoli archi coronali (Reale et al. 2009, ApJ, 698, 756). In attesa di ulteriore conferme, questo andrebbe a favore di un riscaldamento dell'intera corona fortemente strutturato a nanoflare, in archi visti come matasse di filamenti sottilissimi.

Figure: Mappa termica (in verde) di una regione attiva ottenuta da un particolare rapporto di filtri dello strumento Hinode/XRT (Reale et al. 2007). Si noti l'alta definizione e ricchezza di dettagli.
\includegraphics[clip scale=0.6]{sole/fig_science.ps}


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Flavio Morale 2009-10-27