OSSERVATORIO ASTRONOMICO DI PALERMO GIUSEPPE S. VAIANA

Un esempio di laboratorio per Astrofisica nei raggi X: XACT, il laboratorio di astrofisica spaziale dell'Osservatorio Astronomico di Palermo
(A cura di M. Barbera)

I costi e l'avanzato livello di tecnologia richiesto per la costruzione di strumenti che possano essere inviati nello spazio per condurre osservazioni astronomiche richiedono l'impegno e la collaborazione di diverse nazioni e gruppi di ricerca e tecnologici. Per questa ragione sotto l'impulso originario del prof. G. S. Vaiana, il gruppo dell'Osservatorio Astronomico/Istituto di Astronomia di Palermo ha realizzato un laboratorio mirato allo sviluppo e alla calibrazione di strumentazione per astronomia nei raggi X. Possibili applicazioni riguardano la calibrazione di filtri, misure di riflettività, lo sviluppo e la calibrazione di rivelatori di raggi X, la calibrazione di piccoli telescopi per raggi X.

La realizzazione di questo laboratorio, il cui stato attuale è descritto nel seguito, permette infatti di contribuire autonomamente alla messa a punto delle strumentazioni scientifiche per osservazioni da satellite, con ovvie implicazioni sul ruolo dell'intera comunità italiana nelle future missioni per astronomia nei raggi X.

L'utilizzo di rivelatori nella banda X ad elevata risoluzione spaziale e spettrale costituiranno il cuore di futuri progetti spaziali quali AXAF ed XMM, nei quali l'Osservatorio di Palermo è coinvolto direttamente e che sono i due maggiori osservatori X spaziali per gli anni 2000 della NASA e dell'ESA. Il gruppo ha iniziato ad utilizzare il laboratorio nell'ambito del proprio coinvolgimento nello sviluppo di strumentazione per AXAF, e prevede per il futuro di contribuire allo sviluppo della strumentazione di XMM e di altre missioni per raggi X allo studio, e di intraprendere lo studio di rivelatori di nuova concezione. L'attuale configurazione del laboratorio consentirà di portare pienamente a termine le misure di calibrazione dei filtri della HRC di AXAF. Il gruppo è inoltre impegnato nello studio delle proprietà dei materiali utilizzati nella realizzazione di tali filtri, nella misura dell'efficienza del rivelatore HRC, e nella realizzazione del software specializzato per simulazioni e per analisi di immagini.

I filtri di un rivelatore basato su piastre a microcanali sono un elemento fondamentale nel funzionamento dello strumento, perchè permettono di bloccare la luce ottica e ultravioletta e gli ioni che incidono sul rivelatore dando luogo a fenomeni simili a quelli indotti dai fotoni X, da cui alla fine non potrebbero essere distinti. Considerando che spesso questi fenomeni sono dominanti rispetto alla radiazione X, alla fine non si saprebbe più cosa si sta misurando. Per ovviare a questo inconveniente si pone sulla superficie del rivelatore un filtro che abbia la proprietà di essere trasparente ai raggi X (che così possono penetrare all'interno della piastra a microcanali e quindi possono essere rivelati) e che blocchi i fotoni ottici e ultravioletti e gli ioni. Di solito si usa un filtro composto da uno strato di alluminio (che ha la proprietà di respingere gli ioni) su uno strato di materiale plastico, tipicamente lexan o parylene (che ha la proprietà di assorbire i fotoni poco energetici come quelli visibili e ultravioletti). Lo studio delle proprietà di questi filtri e delle loro disuniformità o difetti riveste quindi una importanza fondamentale per potere comprendere e interpretare le osservazioni astronomiche che si otterranno quando lo strumento sarà in orbita e non sarà più possibile studiare in laboratorio i componenti del rivelatore.

Il laboratorio dell'Osservatorio Astronomico di Palermo ``G.S. Vaiana'' è operativo dalla prima metà del 1993 e sostanziali miglioramenti sono stati apportati nel corso del 1994 e 1995. Nel seguito viene descritta l'attuale configurazione.

La camera a vuoto, mostrata in Figura 26, è stata realizzata dalla CINEL di Padova. Essa include un tubo di 16 metri di lunghezza alle cui estremità sono poste la sorgente di raggi X ed una sezione di misura (Figura 26, a sinistra) dove si inseriscono le componenti su cui si eseguono le misure. Il tubo consiste di 11 pezzi di 1 o 2 metri di lunghezza a sezione circolare, il cui diametro varia, seguendo la divergenza del fascio di raggi X da un minimo di 150 mm, dal lato della sorgente X, a un massimo di 630 mm, all'estremità della sezione di misura. Il lungo tubo che connette le due teste serve a collimare il fascio e rendere puntiforme la sorgente ai fini degli esperimenti. Il sistema di pompaggio che crea il vuoto all'interno del tubo (necessario perchè l'emissione X si propaghi senza essere assorbita) garantisce un vuoto molto pulito e privo di contaminazioni di carbonio, quindi molto adatto all'utilizzo di rivelatori sensibili alla presenza di questi contaminanti. La camera di misura si apre all'interno di una camera pulita di classe 1000, cioè uno spazio dove la qualità dell'aria è controllata in modo da non avere più di 1000 particelle di polvere per piede cubico (equivalenti a 35 particelle per decimetro cubico).

Figura 26: Fotografia della beam-line X, che include la sorgente X (destra), il tubo a vuoto, e la sezione di misura (sinistra). Si notino le pompe disposte lungo il tubo e le svariate aperture poste in ciascuna sezione del tubo a vuoto.

Per la rivelazione dei raggi X sono disponibili due contatori proporzionali, un contatore proporzionale a gas scintillante sviluppato presso lo stesso laboratorio e un rivelatore basato su piastre a microcanali di 40 mm di diametro con una risoluzione spaziale di circa 100 micron. E' inoltre disponibile un monocromatore di raggi X che permette di ottenere raggi X in un intervallo di energie molto stretto. Tale dispositivo consente di restringere la banda passante migliorando significativamente la risoluzione energetica nelle misure.

Su una porta laterale della camera di misura è montato un sistema per luce ultravioletta (Figura 27). Esso consiste di una sorgente in grado di fornire intense righe di emissione nella banda 200-2500 Å, una lampada a vapori di mercurio che produce un'intensa riga a 2537 Å, un monocromatore basato su un reticolo a incidenza radente (lambda < 3000 Å), un tubo fotomoltiplicatore per rivelare fotoni UV a lunghezze d'onda comprese tra 1200 e 3000 Å.

Per la manipolazione dei filtri, dei rivelatori e di eventuali fenditure all'interno della camera di test è disponibile un sistema di micromovimentazione da vuoto controllato dal computer composto da due stadi lineari con una corsa di 8 pollici ciascuno, uno stadio X-Y con una corsa di 6 pollici su ciascun asse e un tavolo girevole con corsa di 360 gradi su cui è montato il piano di lavoro con la strumentazione di misura. Ruotando il piano di lavoro attorno all'asse verticale è possibile orientare l'intero apparato di misura verso la sorgente di raggi X (tubo a vuoto principale) o alternativamente verso quella ultravioletta posta sulla porta laterale.

Figura 27: Fotografia della beam-line ultravioletta posizionata su una porta laterale della camera di test.