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Orione: il ``large project'' COUP

Sono stati portati a termine una serie di studi della regione di formazione stellare della nebulosa di Orione basati su osservazioni con ACIS-I di Chandra. Si tratta dell'osservazione stellare più profonda finora realizzata con Chandra, per un totale di $\sim $ 850 ksec distribuiti in 13 giorni di osservazione. Questo progetto, denominato "Chandra Orion Ultra-deep Project" (COUP), ha coinvolto una vasta collaborazione internazionale di diverse decine di ricercatori da parecchie istituzioni, guidata dal Prof. E. Feigelson di Penn State University. L'osservazione consente di affrontare parecchi argomenti di ricerca legati alla fromazione stellare ed all'attività magnetica in stelle giovani. Sono stati creati otto gruppi di lavoro che si occupano di vari aspetti: riduzione dei dati; analisi delle caratteristiche spettrali e di variabilità X; varabilità ottica; origine dei raggi X in stelle giovani; studio della popolazione `embedded' della nube di Orione; nane brune; stelle massicce; effetti dei raggi X sul materiale circumstellare e sulla nube molecolare. Ciascuno di questi gruppi ha preparato uno o più lavori. Tredici articolisono stati pubblicati nel mese di Ottobre in un numero dedicato della rivista Astrophysical Journal Supplement.

I ricercatori di Palermo sono stati in quasi tutti i gruppi di lavoro: innanzitutto insieme ai ricercatori di Penn State si è proceduto alla creazione di un catalogo di sorgenti X utilizzando diverse tecniche ed in particolare l'algoritmo di rivelazione di OAPA basato sulle trasformate Wavelets (disponibile sul sito dell'OAPA, http://cerere.astropa.unipa.it/progetti_ricerca/PWDetect). Il lavoro é presentato da Getman et al. (2005a): 1616 sorgenti sono rivelate nel campo di vista di COUP (vedi fig. 12), il 90% delle quali e' associato con stelle di pre-sequenza dell'ammasso della nebulosa di Orione (Getman et al. 2005b). Questo catalogo è stato poi confrontato con diversi altri cataloghi ottenuti a lunghezze d'onda ottiche ed infrarosse, al fine di potere caratterizzare al meglio le controparti delle sorgenti X. Si è poi proceduto ad una prima caratterizzazione degli spettri e delle curve di luce, la maggior parte delle quali presenta variabilità statisticamente significativa (Getman et al. 2005).

Figura 12: Immagine di Orione ottenuta con l'osservazione di 850 ksec dei ACIS-I di Chandra
\includegraphics[width=0.9\textwidth]{giusi/orionacis.ps}

Inoltre il gruppo di Palermo ha avuto la responsabilità di coordinare gli studi di variabilità e spettroscopia nei raggi X. In questo ambito ci si è concentrati per il momento su tre linee di ricerca: lo studio della emissione X e della variabilità in stelle di massa solare ("soli giovani"), anche al fine di studiare l'influenza dell'attività stellare nelle prime fasi della formazione di un sistema planetario come quello solare; lo studio della modulazione rotazionale dell'emissione X al fine di investigare la distribuzione spaziale del plasma che emette raggi X; lo studio tramite modellaggio fisico di brillamenti particolarmente intensi al fine di ricavare le proprietà fisiche degli archi magnetici che sono responsabili di tali eventi.

Per quanto riguarda i "soli giovani" (Wolk et al. 2005) troviamo che queste stelle passano il 70% del loro tempo in uno stato caratteristico, con un livello di emissione X relativamente costante ( $L_X\sim 10^{30}$ ergs $s^{-1}$, $\sim 0.3$% della luminosità bolometrica), e caratterizzato da una spettro modellabile con due componenti isoterme ( $kT_{low} \sim 0.85$ keV e $kT_{high} \sim 2.3$ keV). Brillamenti intensi e caldi si sovrappongono all'emissione caratteristica al ritmo di uno-due per settimana, in media con emissione di picco di circa $10^{31}$ ergs $s^{-1}$ e $kT_{high} \sim
7$ keV. Si stima che un emissione X con tali caratteristiche è con ogni probabilità la fonte di ionizzazione più importante per il materiale circumstellare ed in particolare per il disco di accrescimento. Inoltre se, come avviene nel Sole, i brillamenti sono accompagniati da produzione di particelle energetiche, questi risultati possono spiegare molte delle anomalie isotopiche osservate nei meteoriti del sistema solare.

Lo studio delle modulazione rotazionale dell'emissione X (Flaccomio et al. 2005) è stata possibile grazie alla lunghezza eccezionale dell'osservazione ottenuta da COUP. La modulazione è stata rivelata in almeno 23 stelle (il 10% del campione di partenza), con periodi di rotazione tra 2 e 12 giorni e ampiezze di modulazione tra il 20% ed il 70%. Due esempi sono mostrati in figura 13. In 16 casi il periodo di modulazione è risultato simile al periodo di rotazione stellare determinato da osservazioni ottiche. Nei rimanenti sette casi il periodo è risultato essere circa la meta del periodo di rotazione, forse a causa della presenza di strutture luminose in X a latitudini opposte. Questi risultati costituiscono il campione più numeroso di stelle di piccola massa per cui si è osservata la modulazione rotazionale nei raggi X. La rivelazione della modulazione indica che le regioni che emettono raggi X sono distribuite non omogeneamente in latitudine e che non si estendono a distanze significativamente maggiori del raggio stellare. Inoltre la rivelazione della modulazione in un buon numero di stelle con emissione saturata ( $L_X/L_{bol}
\sim 10^{-3}$) indica che il fenomeno della saturazione non è dovuto al riempimento della superfici stellari con regioni emittenti raggi X, come a volte proposto in letteratura.

Figura 13: Esempi di modulazione rotazionale nella banda X in stelle giovani di Orione (da Flaccomio et al. 2005). Dall'alto in basso: curve di luce, periodogrammi, curve di luce messe in fase con il periodo trovato dal periodogramma, curve di luce messe in fase con il periodo di rotazione della stella. In questi ultimi due pannelli simboli e colori diversi indicano bin della curva di luce appartenenti a diversi cicli di rotazione. Notare come per entrambe le stelle il periodo trovato dai dati X coincide approssimativamente con quello di rotazione, confermando che la modulazione osservata nelle curve di luce X è dovuta alla rotazione della stella.
\includegraphics[width=1.0\textwidth]{flaccomio/COUP_rotmod_f2.ps}

L'analisi dettagliata della fase di decadimento di 32 brillamenti molto intensi (Favata et al. 2005) ha permesso di determinare i parametri fisici delle strutture che hanno prodotto tali eventi, in particolare la loro dimensione, la densità del plasma ed il campo magnetico minimo necessario per il confinamento del plasma. Uno di questi brillamenti è mostrato in Figura 14. Il risultato nuovo e più importante di questo lavoro è che una frazione sostanziale di questi brillamenti appaiono essere prodotti da strutture magnetiche molto lunghe, che si estendono per distanze molto maggiori del raggio stellare. Tali strutture, di cui non si aveva finora evidenza in nessuna classe di stelle, possono essere interpretate come archi magnetici che connettono la superficie della stella con il disco di accrescimento circumstellare. Questo risultato, insieme alla rivelazione di modulazione rotazionale che indica che la maggior parte dell'emissione viene da strutture compatte, porta a ipotizzare delle corone stellari simili, in quanto a distribuzione spaziale, a quella solare (benchè molto più attive), con l'aggiunta di archi che si estendono fino al bordo interno del disco di accrescimento.

Figura 14: Curva di luce della sorgente COUP 1343 (da Favata et al. 2005). Il tasso di conteggi è mostrato in funzione del tempo. Le linee grigie verticali indicano intervalli di un giorno. L'intenso e lungo brillamento che si osserva intorno al terzo giorno dell'osservazione COUP è stato modellato da Favata et al. (2005) per ricavare le proprietá del relativo arco magnetico. La lunghezza di quest'ultimo risulta essere di circa $10^{12}$ cm, molto piú lungo del raggio stellare.
\includegraphics[width=1.0\textwidth]{flaccomio/src1343_lc.ps}

Un'altro studio basato sui dati di COUP (Grosso et al. 2005) si è occupato delle sorgenti X molto assorbite, poste dietro l'ammasso della nebulosa di Orione in vicinanza di due picchi di densità della Nube Molecolare di Orione 1 (OMC-1): il primo contiene l'oggetto di Becklin-Neugebauer e la nebulosa di Kleinmann-Low (BN-KL), il secondo si trova 90 arcmin a sud di BN-KL ed è detto OMC-1S. In queste aree di cielo sono state rivelate 105 sorgenti, circa 60 delle quali sono molto assorbite (densità di colonna tra $10^{22}$ e $10^{24}$ $cm^{-2}$) e appartengono quindi ai due sotto-ammassi all'interno della nebulosa e non all'ammasso principale che si trova di fronte. Ventidue di queste sorgenti non sono rivelati in osservazioni profonde nel vicino infrarosso (banda K) e sono probabilmente associate con oggetti protostellari nelle prime fasi evolutive. Abbiamo rivelato sorgenti X nelle vicinanze di quattro oggetti brillanti nel medio infrarosso che si pensa essere protostelle massicce: BN, IRc3-i2, IRc2-C, e la sorgente 'n'. Le caratteristiche spettrali e di variabilità X di queste sorgenti suggeriscono che l'emissione X potrebbe venire da compagne di piccola massa (corone). Non è pero' escluso che provenga dalle stelle massicce stesse per mezzo di un meccanismo dovuto ai venti stellari in cui il campo magnetico giuochi un ruolo importante. La curva di luce della sorgente vicina a BN mostra una periodicità di 8.3 giorni, simile al periodo osservato nel vicino IR ed interpretato come periodo di rotazione. Da un'analisi dettagliata della immagine X concludiamo pero' che la sorgente X principale non è BN; troviamo evidenza di un'altra sorgente X, nelle ali della PSF di quella più intensa che, trovandosi a 200 unità astronomiche dalla posizione aspettata di BN, potrebbe essere BN oppure una compagna di piccola massa. La sorgente I, da alcuni ritenuta la maggiore fonte di energia nella regione, non è stata rivelata. Confrontando le funzioni di luminosità X delle sorgenti oscurate nelle due regioni con quella delle sorgenti X nell'ammasso non assorbito, stimiamo che la popolazione complessiva dei due sottoammassi inclusi nella nube sia circa di circa $\sim 100$ stelle, in accordo con una precedente stima di Flaccomio et al. (2003).

L'osservazione di COUP ha anche fornito utili indicazioni sulla natura dell'emissione X da parte di stelle giovani di tutte le masse. I risultati ottenuti da Stelzer et al. (2005) per stelle massicce e di massa intermedia sono esposti al paragrafo 3.2.

L'origine dell'emissione X delle stelle T-Tauri di Orione e, per estensione, di tutte le stelle di pre-sequenza principale di piccola massa, é stata investigata da Preibisch et al. (2005a). Per questo scopo ci siamo concentrati sulle circa 600 stelle T-Tauri ben caratterizzate tramite osservazioni ottiche ed infrarosse. Tramite COUP riveliamo emissione X da più del 97% delle stelle in questo campione dimostrando che non esistono stelle giovani totalmente inattive. Abbiamo quindi cercato di legare le proprieta X di queste stelle con altri parametri stellari. Tutte le stelle T-Tauri con periodo di rotazione noto si trovano nel regime saturo o super-saturo della relazione tra attività e numero di Rossby osservata per stelle di sequenza principale. Tuttavia le T-Tauri mostrano una dispersione molto maggiore dei livelli di attività rispetto alle stelle di sequenza principale. Troviamo che la luminosità X è correlata sia con la luminosità bolometrica che con la massa stellare. Inoltre la luminosità X relativa ($L_X/L_{bol}$) aumenta gradualmente con la massa nel range 0.1-2.0$M_\odot$. La grande dispersione dei livelli di attività in ciascuna di queste relazioni sembra essere legato all'effetto dell'accrescimento circumstellare: mentre i livelli di attività delle T-Tauri che non accrescono sono consistenti con con quelli delle stelle di sequenza principale con rotazione veloce, le stelle che accrescono sono 2-3 volte meno attive e mostrano una maggiore dispersione rispetto a quelle che non accrescono.

Abbiamo anche studiato in dettaglio l'emissione X da parte di nane brune (Preibisch et al. 2005b). Il campione di riferimento è formato da 34 nane brune nel campo di vista di COUP con tipo spettrale compreso tra M6 e M9. Riveliamo emissione X da nove nane brune, mentre le rimanenti 25 rimangono non rivelate, probabilmente a causa della forte estinzione (7 dei 16 oggetti con $A_V < 5$ mag sono rivelati). Le curve di luce delle nane brune sono fortemente variabili e mostrano numerosi brillamenti. Le caratteristiche dell'emissione X (luminosità, variabilità, spettri) di queste nane brune sono simili a quelle delle stelle di piccola massa di Orione. Non vi è dunque evidenza di un cambiamento dell'attività magnetica in corrispondenza del confine tra oggetti stellari e sotto-stellari.


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Flavio Morale 2006-10-31