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Banda Ottica

In collaborazione con il Dott. F. Favata ed il Dott. M. Fridlund dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA - ESTEC, Noordwijk), abbiamo condotto l'analisi delle osservazioni HST realizzate in tre diverse epoche (1996, 1998, 2005). In tal modo si ha una base temporale di circa $9$ anni tra le osservazioni che permette di valutare la variazione morfologica delle strutture all'interno del getto ed il moto proprio dei nodi con maggiori dettagli.

Dal confronto tra i dati HST delle tre epoche, è possibile studiare il moto proprio del getto, per esempio valutando la variazione della lunghezza totale del getto nelle osservazioni ad epoche diverse, nonché i cambiamenti nella morfologia e dell'emissione delle strutture che si formano all'interno del getto (i cosiddetti "nodi").

La Fig. 30 mostra un confronto tra le immagini HST nelle osservazioni del 1996 e del 2005 di HH 154.

Figura 30: Immagini HST di HH $154$ (Bonito et al. 2006, in preparation). I pannelli in alto mostrano le immagini nel filtro $H_{\alpha }$ del 1996 (pannello a sinistra) e quella nuova del 2005 (pannello a destra). I pannelli in basso mostrano, invece, la differenza dell'immagine $H_{\alpha }$ 1996 - 2005 (pannello a sinistra) e la differenza $H_{\alpha }$ - [SII] nel 1996 (pannello a destra).
\includegraphics[width=\textwidth]{orlando/HST.ps}

Appare evidente la variazione della lunghezza totale del getto che indica un moto proprio della struttura indicata con il nome di nodo D e che corrisponde alla working surface, come si può chiaramente vedere per esempio dal confronto della posizione del nodo D attuale con quella del 1996 nell'immagine a stessa lunghezza d'onda ($H_{\alpha }$ ).

Confrontando la dimensione totale del getto attuale con quella osservata nel 1996, si ricava uno spostamento del getto in circa $9$ anni pari a poco più di $40$ pixel che, alla risoluzione della camera PC1, corrisponde a circa $1.8''$, cioè a circa $250$ AU (alla distanza di HH $154$, pari a circa $140$ pc). Ciò corrisponde ad un moto proprio del getto con velocità di circa $130$ km/s, che, tenendo conto dell'inclinazione del getto pari a circa $45$ gradi, si traduce in una velocità intrinseca di circa $185$ km/s, minore di quella ricavata dal confronto dei dati del 1989 con quelli del 2001 (Fridlund et al. 2005) pari a $235$ km/s, conferma del fatto che i nodo sembrano rallentare man mano che si propagano nel mezzo ambiente.

Lo studio dei dati ottici del getto ha permesso, inoltre, di valutare le variazioni nella morfologia e nell'emissione delle sue strutture interne. Dalla Fig. 30 si può notare non solo l'evoluzione dei singoli nodi, ma addirittura la modifica delle regioni all'interno dello stesso nodo D. Per esempio quello che viene indicato come nodo $D_{2}$, nelle immagini del 2005 sembra completamente sparito. D'altra parte Fridlund et al. 2005 mostrano che il nodo $D_{2}$ è proprio uno di quelli con velocità maggiore, pertanto è plausibile che abbia, per esempio, raggiunto il nodo D terminale fondendosi con esso. Anche l'F - complex, come viene definito l'insieme di strutture minori che formano il nodo F, varia nel tempo e sembra, in particolare, allungarsi e "stirarsi" nel 2005, mentre il nodo E, apparso come ben definito nella parte centrale del getto nei dati del 1996, sembra del tutto scomparso nelle nuove immagini.

Da una stima preliminare dei flussi osservati dai singoli nodi all'interno del getto, si ottiene una complessiva diminuzione dell'emissione in entrambe le bande esaminate.

La stima dei flussi dei nodi entro il getto nei due filtri risulta importante al fine di valutare i parametri fisici del getto stesso. Innanzitutto identifichiamo il complesso nodo D come la working surface terminale del getto. L'emissione in $H_{\alpha }$ risulta fortemente concetrata nella parte più interna della working surface, mentre l'[SII] è predominante nella parte più distante alla sorgente IRS$5$, come è evidente nel pannello in basso a destra in Fig. 30. Nell'interpretazione di Hartigan (1989), l'emissione in $H_{\alpha }$ rappresenta la posizione dello shock riflesso, ossia del disco di Mach, mentre la regione di raffreddamento alle spalle dello shock primario, il bow - shock, risulta più intensa in [SII]. Pertanto in tal modo riusciamo a risolvere la struttura della shock. In accordo con il modello di Hartigan (1989), si deve concludere che, in presenza di un disco di Mach più intenso del bow - shock, ci troviamo in presenza di un getto che si propaga in un mezzo ambiente più denso, cioè siamo nel caso di un getto sottodenso. In particolare per HH $154$ si ricava: $\nu = 10 -
20$. Ciò è in perfetto accordo con il modello numerico da noi proposto in Bonito et al. (2004) e (2006), rappresentato dal punto rosso in Fig. 28.


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Flavio Morale 2006-10-31