Il plasma confinato all'interno degli archi coronali si comporta come un fluido comprimibile e può essere descritto con modelli idrodinamici unidimensionali in cui l'unica coordinata è quella lungo l'arco. Nel caso in cui si vogliano studiare fenomeni transitori ed evolutivi si deve ricorrere a modelli idrodinamici in cui si risolvono le equazioni di conservazione dipendenti dal tempo. È questo il caso dello studio di archi coronali soggetti a riscaldamento per piccoli impulsi intermittenti (microbrillamenti). Sono in corso studi di questo tipo, considerando vari possibili classi di impulsi.
In uno studio completato nel 2005 si sono esplorati microbrillamenti localizzati ai piedi degli archi. È noto che un riscaldamento costante altamente concentrato alla base degli archi renderebbe il plasma confinato instabile e destinato a condensarsi rapidamente nella regione della cima dell'arco. Si è verificato che un riscaldamento ai piedi ma intermittente potrebbe "stabilizzare" l'arco (Fig. 2) e, contestualmente, che la struttura di plasma che determinerebbe potrebbe essere compatibile con quella che si ottiene dall'analisi di osservazioni stellari, significativamente diversa da quella standard degli archi coronali solari.
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E' stato da poco completato, in collaborazione con il gruppo del Dipartimento di Fisica dell'Università della Calabria, uno studio innovativo con un altra classe di impulsi: quelli generati da turbolenza MHD prodotta ai piedi dell'arco coronale. Lo studio ha richiesto l'utilizzo del tasso di dissipazione di energia predetto da un modello MHD a shell come funzione di riscaldamento del modello idrodinamico di arco coronale Palermo-Harvard. I risultati mostrano come, con un campo magnetico di 10 G, la turbolenza MHD sia in grado di produrre dei microbrillamenti che portano occasionalmente un arco coronale lungo 30000 km a temperature dell'ordine del milione di gradi, con segni caratteristici quali fluttuazioni interne di densità che potrebbero essere diagnosticate nelle osservazioni (Fig. 3).
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